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Esopo

 

IL GRANCHIO E SUA MADRE

 La madre del granchio lo ammoniva a non camminare di traverso e a non sfregare il fianco contro la roccia umida. E quello: “Mamma, se vuoi che impari, cammina dritta tu, e io, vedendoti, farò come te”.

   Chi vuol rimproverare gli altri, deve anzitutto viver bene lui e rigar dritto, e poi insegnare a far altrettanto.

   

IL NOCE

 Un noce cresciuto al margine di una strada e bersagliato dalle sassate dei passanti, disse tra sé sospirando:  “Ma son proprio un disgraziato, io! Continuo tutti gli anni a procurarmi insulti e dolori!”

   Questa favola allude a certe persone le quali, dai propri beni, non ricavano che dolori.

   

IL CASTORO

 Il castoro è un quadrupede che vive negli stagni, e i suoi genitali pare che servano per la cura di certe malattie. Quando qualcuno lo scopre e lo insegue per tagliarglieli, esso, che sa a qual fine gli danno la caccia,sino a un certo punto, per conservarsi intatto, fugge, fidando nella velocità dei piedi; ma quando poi si vede a portata dei suoi inseguitori, si strappa da solo i genitali e li getta via; così riesce a salvare la vita.

   Anche tra gli uomini, danno prova di saggezza coloro che  vedendosi minacciati a causa del loro denaro, lo lasciano perdere, per non mettere a repentaglio la loro vita.

 

L’ORTOLANO CHE INNAFFIAVA GLI ORTAGGI

 Un tale si fermò davanti a un ortolano che innaffiava le sue verdure e gli domandò perché mai le piante selvatiche sono fonde e robuste, mentre quelle coltivate sono gracili e stente. E l’ortolano gli rispose: “Perché di quelle la terra è veramente la madre, ma di queste è soltanto la matrigna.”

    Anche tra i ragazzi, chi è allevato dalla matrigna non mangia come quello che ha la propria madre.

   

L’ORTOLANO E IL CANE

 Il cane di un ortolano cascò in un pozzo, e l’ortolano, per tirarlo fuori, scese giù anche lui. Ma il cane, pensando che egli venisse per cacciarlo più a fondo, si rivoltò al padrone e lo morse. Allora quello, dolorante, se ne tornò su dicendo: “Ben mi sta: perché affannarmi tanto per salvare un suicida?”.

   Ecco una favola per gli uomini ingiusti ed ingrati.

   

IL CITAREDO

 Un sonator di cetra da strapazzo cantava tutto il giorno tra le ben cementate pareti di una stanza, e poiché queste riecheggiavano i suoni, si immaginò d’avere una bella voce potente.  Montatosi così la testa, decise che era il caso di affrontare anche il teatro. Ma, giunto sul palcoscenico, cantò veramente da cane e fu cacciato via a sassate.

   Così ci sono degli oratori che, fin che si esercitano nelle scuole fanno bella figura, ma, quando affrontano la vita pubblica, si scopre che non valgono nulla.

 

IL TORDO

 Un tondo andava a cibarsi in una macchia di mirti, e tanto eran dolci quelle bacche che non sapeva staccarsene. Un uccellatore osservò che il luogo gli piaceva, vi mise le panie e ce lo prese. “Me infelice!”, esclamò il tordo prima di morire, “Ecco che per il gusto della gola ci rimetto la vita”.

   Questa è una favola che si adatta a uno di quegli uomini sregolati che si rovinano per amor dei piaceri.

 

 

I LADRI E IL GALLO

 I ladri penetrarono in una casa, ma non ci trovarono altro che un gallo. Lo presero e se ne andarono. Quando fu lì per essere ammazzato, il gallo cominciò a pregare che lo risparmiassero, dicendo che egli era utile agli uomini, perché li svegliava a buio, così che potessero attendere alle loro faccende.Ma questa è una ragione di più per tiranti il collo”, gli risposero gli altri, “Svegliando loro, tu impedisci a noi di rubare”.

   La favola mostra che quel che dà più fastidio ai bric­coni sono proprio i servizi resi alle persone dabbene.

 

 

IL VENTRE E I PIEDI

Il ventre e i piedi disputavano chi di loro fosse il più forte, e i piedi continuavano a dire che, in fatto di forza, erano tanto superiori, che il ventre stesso si faceva portare  a spasso da loro. Cari miei, se non ci fossi io a darvi da mangiare, neanche voi sareste in grado di portarmi”, rispose il ventre.

   Così, anche in un esercito, il numero non conta nulla, se non ci sono dei capi col cervello a posto.

 

IL GRACCHIO E LA VOLPE

Un gracchio affamato s’era posato su un fico e, trovati dei piccoli fichi ancor acerbi, aspettava che diventassero grossi e maturi. La volpe che lo vedeva continuamente là fermo, quando ne seppe il motivo, gli disse:  Caro mio, se ti attacchi alla speranza, sbagli di grosso. La speranza è un pastore che ti porta a spasso, ma la pancia non te la riempie”.

 

IL GRACCHIO E I CORVI

Un gracchio che era più grosso di tutti gli altri, disprezzando i compagni della sua razza, se ne andò in mezzo ai corvi, e pretendeva di vivere con essi. Ma quelli, che non conoscevano né la sua faccia né la sua voce, lo picchiarono e lo cacciarono via. Respinto dai corvi, esso tornò allora di nuovo ai suoi gracchi. Questi, a loro volta, indignati per l’affronto, non lo vollero ricevere. Ecco come avvenne che esso fu escluso dalla società degli uni e degli altri.

   Questo succede anche agli uomini che abbandonano la loro patria e preferiscono i paesi altrui: in questi sono malvisti perché sono stranieri, e si rendono odiosi ai loro concittadini perché li hanno disprezzati.

 

 
 
 

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