Home page

 
 
 
 
Home
Chi siamo
Costituzione Europea
Costituzione Italiana
Curiosità
Detti letti
Educazione alimentare
Erbe medicinali
Esopo
Euro
Fedro
Formula 1
Frasi celebri
Giochi di carte
Lingue
Matematica
Modi di dire  
Musica
Promessi Sposi
Proverbi
Pulire senza fatica
Sondaggio
Sicurezza in casa
Totò disse e...scrisse
Trucchi per videogames e non...
Link

 

Esopo

 

LA CORNACCHIA E IL CORVO

La cornacchia, gelosa del corvo, il quale dà auspici agli uomini, prevede il futuro ed è perciò da essi invocato come testimonio, si mise in testa di fare altrettanto. Vedendo passare dei viandanti, volò su un albero e piantatasi là, cominciò a gracchiare a tutta forza. Al suono della sua voce, quelli si volsero spaventati, ma uno disse subito: “Niente, niente, amici, andiamo pure avanti. E’ soltanto una cornacchia, e le sue grida non significano nulla”.

   Così anche tra gli uomini, chi si mette a gareggiare coi più potenti di lui non solo non riesce ad uguagliarli, ma si guadagna anche le beffe.

 

 

LA CORNACCHIA E IL CANE

Una cornacchia che offriva ad Atena una vittima, invitò un cane al banchetto sacrificale. “Perché sprechi i tuoi quattrini in sacrifici?”, le chiese il cane. “Tanto,la dea ti ha così in uggia che impedisce alla gente di credere ai tuoi presagi”. E la cornacchia: “Ma io le offro i sacrifici proprio per questo. Cerco di conciliarmela, dato che mi vede di mal occhio”.

   Così  ci son molti che, per paura, non esitano a beneficare quelli che li odiano.

 

LE CHIOCCIOLE

Un contadinello faceva arrostire delle chiocciole e, sentendole crepitare, diceva: “Brutte bestie, mentre le vostre case bruciano, voi vi mettete a cantare”.

   La favola mostra che tutto quel che si fa fuori tempo è biasimevole.

 

 

IL CIGNO PRESO PER UN’OCA

Un signore allevava insieme un’oca e un cigno, non allo stesso scopo, naturalmente, ma l’uno per il canto e l’altra per la mensa. Quando giunse il momento in cui l’oca doveva far la fine per cui era stata allevata, era notte, e il buio non permise di distinguere l’uno dall’altra. Così fu preso il cigno invece dell’oca. Ma ecco che esso intona un canto, preludio di morte; col canto rivela la sua natura e, grazie alla sua voce, sfugge al supplizio.

   La favola mostra come spesso la musica riesca a differire la morte.

 

IL CIGNO E IL SUO PADRONE

Dicono che i cigni si mettano a cantare al momento della morte. A un tale capitò di veder messo in vendita un cigno e, sentendo che era un uccello dal canto dolcissimo, lo acquistò. Un giorno che aveva ospiti a tavola andò ad invitarlo perché cantasse alla fine del banchetto, ma in quell’occasione il cigno rimase zitto. Giunse però il giorno in cui sentì vicina la morte, e allora intonò il suo canto di dolore. Il padrone, sentendolo, disse: Ma se tu non canti altro che quando stai per morire, lo stupido ero io, che stavo lì a rivolgerti delle preghiere, invece di ammazzarti”.

   Così anche tra gli uomini ci son quelli che, ciò che non voglion fare per piacere, lo fanno poi per forza.

 

 

I DUE CANI

Un tale che aveva due cani ne addestrò uno alla caccia e allevò l’altro per guardia della casa. Quando poi il primo, andando a caccia, prendeva della selvaggina, ne gettava una parte anche all’altro. Allora il can da caccia, sdegnato, cominciò ad insultare il compagno, perché lui andava fuori, sobbarcandosi a continue fatiche, mentre l’altro godeva il frutto del suo lavoro, senza far nulla. Il cane domestico gli rispose: “Non con me devi prendertela, ma col nostro padrone, che mi ha insegnato, non a lavorare, bensì a sfruttare il lavoro altrui”.

   Così non si possono biasimare i fanciulli pigri, quando li rende tali l’educazione dei loro genitori.

   

LE CAGNE AFFAMATE

Certe cagne affamate che avevano visto delle pelli messe a bagno nell’acqua d’un fiume, non riuscendo ad afferrarle, stabilirono tra di loro di ber prima tutta l’acqua, per poter poi arrivare ad esse. Ma andò a finire che creparono a forza di bere, prima di giungere a toccare le pelli.

   Così ci son uomini che, nella speranza di un guadagno, si sobbarcano a pericolose fatiche e, prima di raggiungere il loro scopo, si rovinano.

 

IL CANE E LA CONCHIGLIA

Un cane, abituato a ingollarsi delle uova, vide una conchiglia; convinto che fosse un uovo, spalancò la bocca e con un violento sforzo riuscì a mandarla giù. Quando poi sentì il peso e i dolori di stomaco: “Ben mi sta”, disse “perché m’ero messo in testa che tutte le cose fossero uova”.

   Questa favola ci insegna che chi affronta un’impresa senza riflettere può impensatamente trovarsi impigliato fra strani fastidi.

 

IL CANE E LA LEPRE

Un cane da caccia che aveva catturato una lepre, un momento la mordeva e un momento le leccava il muso. “Ehi, tu”, gli disse, sfinita, la lepre, o smettila di mordermi o smettila di baciarmi, ch’io possa capire se sei per me un amico o un nemico”.

    Questa è una favola adatta per un uomo ambiguo.

 

IL CANE E IL MACELLAIO

Un cane balzò dentro una macelleria e, mentre il macellaio era occupato, afferrò un cuore e se la diede a gambe. Il macellaio si volse e, vedendolo fuggire, esclamò: Ehi, galantuomo! Sta’ pur certo che ti terrò d’occhio dovunque tu sia; il cuore non l’hai mica portato via a me, sai; anzi a me ne hai aggiunto dell’altro’.

   La favola insegna che le sventure servono di ammaestramento agli uomini.

 

 

IL LEONE E IL TOPO RICONOSCENTE

Un topolino correva sul corpo di un leone addormentato, il quale si svegliò e, acchiappatolo, fece per ingoiarlo. La bestiola cominciò a supplicare di risparmiarlo e a dire che, se ne usciva salvo, gli avrebbe dimostrata la sua riconoscenza. Il leone scoppiò a ridere e lo lasciò andare. Ma dopo non molto gli capitò un caso in cui dovette davvero la sua salvezza alla riconoscenza del topolino. Alcuni cacciatori riuscirono a catturarlo e lo legarono con una corda a un albero. Il topo allora udì i suoi lamenti, accorse, rosicchiò la corda e lo liberò, soggiungendo: "Tu, quella volta, t’eri fatto beffe di me, perché non immaginavi mai di poter avere una ricom­pensa da parte mia. Sappi ora che anche i topi sono capaci di gratitudine”.

   La favola mostra come, col mutar delle circostanze, anche i potenti possono aver bisogno dei deboli.

 

IL LEONE E L’ONAGRO

Il leone e l’onagro andavano a caccia di bestie selvatiche, il leone mettendo a profitto la sua forza, e l’onagro la velocità delle sue gambe. Quando ebbero catturato una certa quantità di selvaggina, il leone fece le parti; divise tutto in tre mucchi, e dichiarò: “La prima spetta al primo, cioè a me che sono il re. La seconda mi spetta come socio a pari condizioni. Quanto a questa terza, ti porterà ben disgrazia, se non ti decidi a squagliarti”.

   Conviene commisurare ogni nostra azione alle nostre forze, e coi più potenti di noi non immischiarsi né associarsi.

 
 
 
 

Se volete contattarci cliccate qui

(Se qualcosa fosse protetta da copyright segnalatecelo e noi provvederemo ad eliminarlo)