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Riassunto capitolo decimo

I Promessi Sposi

 

 

 

I contrasti, tra ciò che si agita nell’animo di Gertrude e ciò che le viene detto di fare, si accavallano con una rapidità impressionante. I peccati, le passioni e le responsabilità trovano sempre una valida attenuante, in quanto ella è stata succube, e lo è tuttora, dell’egoismo e della violenza morale altrui. Tuttavia l’autore, con impareggiabile finezza psicologica, dice che Gertrude, rifacendosi alla religione, avrebbe potuto condurre una vita meno agitata, avrebbe potuto mettere a tacere le sue passioni e gli istinti; ma aggiunge che presso i signorotti la religione non è né sentita, né compresa nella sua essenza.

Il principe, dunque, ricevuta la lettera della figlia la fa venire da lui e si dispone « a battere il ferro», mentre è caldo. Quando ella si trova al suo cospetto, con atto di umiltà chiede perdono. Allora il principe, con inconsueta dolcezza ed usando tutta l’abilità di cui è capace, risponde che il perdono non basta chiederlo, bisogna meritarlo. E si dilunga a parlare del suo errore, asserendo che tale errore è un ostacolo alla vita del secolo, che è « piena di pericoli per lei...».

 A questo punto Gertrude pronunzia un sì! ma un sì da non interpretare come il consenso a farsi monaca; però la malvagità del padre lo fa apparire come tale, e quindi fuor di sé per la gioia, non parla più di colpa e di vergogna e chiama la famiglia, a cui partecipa con esultanza la decisione della figlia. Ora tutti sono gentili con lei e ne lodano il giudizio, mentre nel suo intimo Gertrude è indispettita.

Il giorno dopo si va a Monza, nello stesso convento in cui si trova adesso, ma prima della partenza il principe, con modi affabili e minacciosi in pari tempo, la istruisce molto bene, perché superi le prove che dovrà sostenere, e fa presente anche di non parlare di imposizione, specie al cospetto del vicario. E così la povera Gertrude, pensando che ritornare a casa significherebbe riprendere una vita d’inferno e di terrore, senza averne volontà e vocazione, è costretta a dire: « mi fo monaca di mio genio, liberamente ».

Mentre Gertrude è esaminata circa le sue intenzioni di farsi monaca, il padre è sulle spine, è travagliato dal dubbio che la figlia, anche involontariamente, possa tradirsi; ma quando l’esaminatore incontra il principe, si compiace con lui « delle buone disposizioni in cui aveva trovata la sua figliola ».

Se tale notizia è motivo di gioia per il principe, per Gertrude è un rammarico incessante, è come precipitare nell’abisso. Ella deplora e commisera la sua giovinezza e la sua bellezza, destinate a strugersi in un lento martirio. Con un animo così tormentato, ella prova avversione e odio per tutti: la sua condotta è molto strana: ora rigorosa e austera, ora spensierata e sconveniente.

Se però Gertrude è costretta a rinunciare alle gioie del mondo, tuttavia nel monastero gode di «distinzioni e privilegi », e fra questi, quello di potere abitare un « quartiere » contiguo alla casa di un certo Egidio, un giovane nefasto e scellerato. Tra i due si stabiliscono dei rapporti intimi, e ciò da la forza a Gertrude di soffocare, ma non di spegnere, i suoi tormenti. Ella diventa infatti, più tranquilla, quasi normale. Però tutto ciò ha breve durata; presto ritorna ai soliti dispetti e ai soliti capricci: sente fortemente la prigione claustrale.

Le suore, comunque, ormai abituate, tollerano questo suo comportamento fluttuante, attribuendolo al suo carattere bisbetico e leggero. Ma un giorno Gertrude, venuta a diverbio con una conversa, e maltrattatala, questa fa qualche allusione e aggiunge che un giorno parlerà. Da lì a poco la conversa non si è vista più: si fanno allora delle ricerche ovunque, persino in Olanda, ma non se ne sa niente. Eppure, bastava che si scavasse lì vicino, per trovarla.

   Ora Lucia e Gertrude, alla distanza di un anno di quanto è avvenuto, si trovano l’una di fronte all’altra. La monaca, intrepida e disinvolta, la tempesta di domande circa la persecuzione di don Rodrigo e la preferenza data a Renzo, e fa trasalire, stupire ed arrossire la povera Lucia. La quale, quando è al cospetto della madre, confida tutto; ma Agnese risponde che i signori « han tutti un po’ del matto ».

Due sentimenti religiosi quindi, quello di Lucia e quello della  Gertrude, che vanno su due binari opposti. L’una è ricca di pudore e di fervore morale, l’altra è sfrontata, malvagia, corrotta, capace di commettere qualsiasi azione indegna. Questo è uno dei motivi, per cui ci si deve preoccupare per l’avvenire di Lucia, affidata alla protezione di Gertrude, anche se Agnese e la figlia sono felici di aver trovato, dopo tante tribolazioni, un luogo ospitale e al riparo da ogni inganno, secondo la loro convinzione.

 

 

 

 

 

 

 

 

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