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Riassunto capitolo ventesimo

I Promessi Sposi

 

 

 

Don Rodrigo, finora apparso autoritario e prepotente, quando è nei pressi del dominio dell’innominato, sembra docile come un agnello; non manca persino di rispetto agli uomini dell’innominato; e quando giunge di fronte a lui, assume un atteggiamento di devota umiltà, pur sapendo che ciò che otterrà da lui dovrà pagarlo ad alto prezzo.

Ad ogni buon conto, l’innominato, uomo di cui « la durezza risentita dei lineamenti, il lampeggiar sinistro ma vivo degli occhi », stanno ad indicare « una forza di corpo e d’animo, che sarebbe stata straordinaria in un giovine », dopo averlo ascoltato, Io licenzia, dicendo: « tra poco avrete da me l’avviso di quel che dovrete fare ».

Se per don Rodrigo è impresa ardua rapire Lucia dal monastero, non lo è invece per l’innominato, perché può servirsi, a suo piacimento, di « uno dei più stretti ed intimi colleghi di scelleratezze »; di quell’Egidio, cioè, amico di Gertrude, la signora, alla cui protezione è stata affidata Lucia.

Ma quel che accade agli uomini spesso è imprevedibile. L’innominato, quest’uomo così potente e temerario, sente che qualcosa lo tormenta, che il suo animo è agitato. Costui, che ha commesso tanti misfatti a danno di poveri e di potenti, che non conosceva cosa significasse rimorso, adesso non si sente tranquillo. Quel Dio, di cui non si prendeva cura né di negare, né di riconoscere, « gli pareva sentirlo gridare dentro di sé »; per questo si era impegnato subito con don Rodrigo, « per chiudere l’adito ad ogni esitazione». Ma un uomo così temuto e rispettato, non si lascia sopraffare da crisi momentanee. Perciò chiama il Nibbio, « uno dei più destri e arditi ministri delle sue enormità », e gli ingiunge di recarsi a Monza, e che « informasse Egidio dell’impegno contratto, e richiedesse il suo aiuto per adempirlo ». E quando il Nibbio, prima ancora del previsto, ritorna con la risposta favorevole, l’innominato gli ordina di eseguire, in compagnia di altri due sbirri, quanto aveva disposto Egidio.

Viene predisposto, quindi, un piano impeccabile, complice Gertrude che, malgrado fosse presa da un forte rimorso, non osa ribellarsi alla volontà dell’uomo con cui conduce una vita peccaminosa. Costei, dunque, il giorno stabilito, facendo a Lucia « più carezze dell’ordinario », la prega, con falsa amabilità, di farle « un gran servizio », che può farle solo lei, perché — dice Gertrude: — « Ho tanta gente ai miei comandi; ma di cui mi fidi,nessuno ».

Il servizio, di cui ha bisogno la signora, (per attuare il piano di Egidio) consiste nell’andare Lucia al convento dei cappuccini per un’imbasciata. « Lucia fu atterrita d’una tale richiesta », e per evitare tale incarico scabroso, interpone pretesti e difficoltà. Ma Gertrude, « ammaestrata a una scuola infernale, » con le sue arti e i suoi raggiri, sa vincere la ritrosia di Lucia, tanto che la poveretta risponde: « e bene; anderò, Dio m’aiuti!».

Vittima inconsapevole e innocente di un’insidia diabolica, giunta in un punto in cui la strada affonda « a guisa d’un letto di fiume, tra due alte rive orlate di macchie, che vi forman sopra una specie di volta,» è scaraventata dal Nibbio con violenza nella carrozza. Il terrore e l’angoscia di costei sono tali che, dopo alcuni tentativi di sfuggire alle mani di quei bravacci, sviene.

Il Nibbio cerca di rincuorarla, ma non c’è nulla da fare; sembra che dorma e perciò non può « sentire i conforti di quelle orribili voci».

Non appena Lucia può aprire gli occhi, come se si fosse svegliata da un sonno profondo, il primo gesto che fa è quello di buttarsi ancora dalla carrozza; ma il Nibbio è lesto a trattenerla, e con voce più gentile che può, le dice: « state Zitta, che sarà meglio per voi, non vogliamo farvi male. ». Ma Lucia, atterrita e sconvolto, non potendosi liberare con la forza, tenta di commuovere quegli scellerati con le preghiere e le lacrime. Il suo aspetto buono, le sue implorazioni così calorose, producono tuttavia un certo effetto — come si vedrà — nell’animo del Nibbio.

Intanto l’innominato, quest’uomo nel cui animo sta germogliando il seme del rimorso per tutti i suoi efferrati delitti, attende l’arrivo della carrozza « con un’inquietudine, con una sospension d’animo insolita. ». Quando, finalmente, vede spuntar la carrozza da lontano, il suo turbamento s’ingigantisce a tal punto, che sente l’intimo bisogno, prima che Lucia giunga al suo cospetto, di far qualcosa per consolarla. Perciò fa chiamare una sua donna, e quantunque non fosse un tipo adatto, per il suo aspetto da megera, le ordina di andare incontro a Lucia e di farle coraggio.

 

 

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