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Riassunto capitolo trentaseiesimo

I Promessi Sposi

 

 

 

Renzo, come gli era stato suggerito da padre Cristoforo, si avvia verso la cappella, e giuntovi, resta in coda all’uditorio, donde può vedere « quasi un selciato di teste,» di cui molte coperte di fazzoletti o veli, ma non potendosi scoprire nulla, rimane « tocco e compunto dalla venerabil figura del predicatore», padre Felice.

Il suo discorso è tutto un fervore di carità verso Dio e verso il prossimo. Egli ricorda con parole sublimi che la vita è un dono del Signore e che quindi è giusto che si impieghi per opere buone; che i forti aiutino, dunque, i deboli! che i giovani aiutino i vecchi! E’ una carità questa che attenua i peccati e lenisce i dolori.

Padre Felice, che nel lazzaretto ha speso tutte le sue energie per il bene degli infermi, è preoccupato di non aver compiuto pienamente il suo dovere; di essere stato pigro; di essersi mostrato qualche volta impaziente o annoiato o severo; e per questo, con molta umiltà, chiede perdono agli ammalati che lo ascoltano.

Padre Felice non pronuncia parole che non esprimano amore, che non contengano un calore divino; egli chiama « privilegio quello di servir gli appestati». Poi, prende una gran croce, e, alla testa degli ammalati, guida la processione.

Renzo, ancora commosso  per le belle parole pronunziate da padre Felice, si mette in un canto di una capanna, e con fiducia ispeziona una ad una, attentamente, le donne, dal cui viso traspare pallore e languidezza, « cose da occupar tutto di compassione l’animo di chiunque». La processione si muove lentamente, ma dalla prima all’ultima fila sono per Renzo visi sconosciuti.

Perduta la speranza di trovare Lucia in mezzo alle persone guarite, ne resta una molto più tenue, ma alla quale Renzo si attacca « con tutte le forze dell’animo; » e si inginocchia e prega Dio, ma più che una preghiera è « una confusione di parole arruffate, di frasi interrotte, d’esclamazioni, d’istanze, di lamenti, di promesse».

Un po’ rincuorato, si alza e, attraverso uno steccato interrotto, penetra nel quartiere delle donne; guarda in ogni direzione: nessuna traccia di Lucia, ma spettacoli di miseria e di dolore.

Giunto « in un piccolo spazio fra due capanne, »senza che minimamente se l’aspettasse, improvvisamente sente una voce che gli pare di Lucia; ascolta più attentamente: sì, è la sua voce!

Renzo per poco non sviene, ma si riprende subito, gira la capanna, vi entra, ed ecco apparirgli Lucia su di un lettuccio. Si pensi adesso allo stato d’animo dei due giovani; ai sentimenti contrastanti: lei sconvolta e tremante; gentile, ma fredda e distaccata; lui, felice ed impetuoso, che sente rinascere in sé la fiducia di una vita serena e piena d’amore; lei che cerca di allontanarlo: « andate, andate, per amor del cielo! ». E parla del voto, della promessa alla Madonna. Lui che è ostinato, che non si arrende, che replica, dicendo che la Madonna « non vuole promesse in danno del prossimo; » e scruta nel suo cuore, un cuore da innamorato, e trova argomenti appassionati e convincenti. E Lucia si dibatte, resiste, si difende, anche se la sua difesa sarà destinata a crollare.

Poi parlano di padre Cristoforo. Lucia non ne sa più nulla. Renzo riferisce che le condizioni di salute del frate sono alquanto precarie; egli dovrebbe essere assistito, e invece assiste gli altri; spende le sue ultime energie per il bene del prossimo. Anche Lucia ha parole di affetto e di pietà per padre Cristoforo.

Ella si commuove e si turba quando Renzo le riferisce che lui con il frate è andato a visitare don Rodrigo, ricoverato nel lazzaretto in fin di vita, e che ha pregato per costui, come se si trattasse di un suo fratello. Anche Lucia pregherà per lui, e gli perdonerà il male arrecatole.

Renzo non desiste, non lascia occasione per indurre Lucia a divenire sua moglie, e parla delle sue sofferenze, della sua vita raminga, dei suoi rischi. Ora va da padre Cristoforo e lo condurrà da Lucia; penserà lui a convincerla. Dopo averlo cercato un po’, lo trova curvo su di un moribondo; Renzo attende in silenzio, finché il frate ha finito il suo ufficio, e racconta l’imbroglio del voto; ma padre Cristoforo non sa rispondere, vuole parlare prima con Lucia, e si avviano verso la sua capanna.

Quando Lucia vede il suo buon padre Cristoforo, ha parole di stima e di affetto, ma anche di dolore per la sua salute. Il frate ha fretta; dopo avere ascoltato Lucia, non ravvede alcun impedimento al matrimonio, perché no si può « offrire la volontà di un altro,» verso il quale ci si è obbligati, perciò domanda a Lucia se vi siano altri impedimenti, e rispondendo lei di no, la scioglie dal voto.

E dopo avere esortato i due giovani a tornare, « con sicurezza e con pace ai pensieri di una volta», non manca di dare saggi consigli, di illuminare il percorso della loro vita; raccomanda anche di pensare non solo e non tanto alla vita temporale, da cui prima o poi ci si dovrà separare, ma all’al di là, dove si vive eternamente; ricorda infine, se Dio concederà loro figli, di educarli secondo i principi della religione cristiana. E poi il frate, come per lasciar loro il proprio testamento spirituale, consegna una scatola di legno con dentro il pane del perdono.

Padre Cristoforo si interessa anche del prossimo futuro di Lucia, e apprende che la sua compagna di capanna, a cui la peste portò via tutta la famiglia, che le è stata come una seconda madre, vi provvederà.

Intanto Renzo, ricevute alcune commissioni di Lucia per la madre, con padre Cristoforo, che spera di finire i suoi giorni in servizio del prossimo, si allontana.

Renzo finalmente può lasciare quel luogo di dolore  andare a Pasturo, alla ricerca della madre di Lucia.

Prima di partire il giovane si augura di potersi incontrare ancora con il frate, ma questi risponde: « lassù, spero».

A noi sembra di vedere, non senza un sentimento di tenerezza e di commozione, l’anima di costui ascendere verso la beatitudine eterna, tenuto conto della sua vita, così tristemente travagliata.

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